Croce e delizia di ogni artista emergente sicuramente. Per i big è cambiato ben poco. Famosi erano prima, famosi sono ora e i numeri sono numeri inarrivabili per i più.
Si, sono aumentanti gli show dal vivo e alcuni tour sono estenuanti ma fare come hanno fatto i Queen dal Magic Tour in poi o Lucio Battisti è impensabile a prescindere oggi, poteva funzionare trenta o quaranta anni fa e nemmeno per tutti.
E' anche vero che quello del musicista è un lavoro però sotto tutti i punti di vista e stare sul palco fa parte del lavoro che hanno scelto esattamente come ogni persona che si alza alle 5 del mattino per andare a lavorare.
Tornando agli emergenti e sottolineando che qui nessuno lavora per Spotify, Deezer, Apple Music o Amazon, le cose sono solo che migliorate.
Quando mai sarebbe stato possibile pubblicare brani e album in qualsiasi momento avendo la possibilità di raggiungere chiunque in qualunque parte del mondo?
E quando mai si poteva fare tutto questo senza passare attraverso un'etichetta o comunque una ben solida scrematura delle proposte. E quando la risposta era "no", era "no" e basta, non c'erano alternative valide che potevano contrastare l'impossibilità di entrare nel mercato.
Tutti ormai mettono poi a disposizione dell'artista la possibilità di analizzare ogni dato inerente la propria proposta, dati che anni fa avrebbero avuto un costo e un lavoro non indifferente dietro, ammesso che qualcuno poteva ricavarli questi dati, cosa che poteva fare solo un'etichetta che avesse pubblicato un prodotto ufficialmente.
La più grande critica che viene mossa a questi colossi è quella di pagare poco ogni riproduzione.
Ma anche qui, queste piattaforme mettono il loro spazio a disposizione gratuitamente per gli artisti, nessuno ha mai pagato per essere inserito, è il distributore che viene pagato e addirittura oggi ci sono distributori che non chiedono niente a loro volta all'artista o alla band se non una percentuale sulle royalties. Non c'è niente di male ovviamente in questo.
Se Spotify dovesse pagare non si sa bene quanto ogni riproduzione, l'abbonamento mensile all'utente probabilmente verrebbe a costare 1000€ a testa.
Dove sta, come sempre, l'errore? Sta nel fatto che la pubblicazione di un brano o di un album è vista come il punto di inizio della carriera mentre è proprio il punto di arrivo.
Se nessuno ascolta un progetto, o viene forzato con lo stream team e gli ascolti comprati, significa che il lavoro è stato fatto male alla base.
Nessuno ha bisogno di porsi il problema della musica liquida se ha un nome un minimo saldo, i fan ascolteranno e verranno anche ai concerti dove certamente si potrà vendere merchandising e copie fisiche.
E' sempre lo stesso il problema, il percorso che si decide di fare, solitamente sempre al contrario. E i risultati, beh, li sapete già.
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